Commenti al trekking 1/13 “E’ Primavera”
E’ iniziata così, magnificamente, (sotto tutti i punti di vista) l’avventura escursionistica per l’anno 2013 dell’Associazione Grecanica Trekking, giunta ormai al suo 6° anno di attività.
I componenti e i “supporters” – circa 110 unità – di cui un buon 60% di “quota rosa”, qualificata e propositiva, si sono ritrovati al primo appuntamento dell’anno presso l’Agriturismo “La Pambola” – che significa vigna abbandonata – per poi misurarsi con le gole sinuose del torrente Agrifa, le cui rocce “rosse” di conglomerato a strapiombo ai suoi lati e le sue candide e fresche acque davano refrigerio alla comitiva.
Il percorso, che si sviluppava tra le campagne dei Comuni di San Lorenzo e Condofuri, si inerpicava, poi, a tratti bruscamente, verso il Monte Tifia, dalla cui sommità un meraviglioso (riduttivamente parlando) panorama troncava di colpo ogni fatica psico-fisica dei partecipanti. Mare vero e mare d’erba si contraddistinguevano solamente dai mille e più colori che madre natura ha voluto donare alla zona, tempestandola di una infinità fiori. Dopo una breve e gradita sosta – con aperitivo – al “Mandorlo”, che ristorava la carovana, si riprendeva il percorso sotto un sole sempre più cocente attraversando prati erbosi ancora più ampi e più belli.
Il pranzo (ottimo) servito dallo staff dell’esperta cuoca sig.ra Manti, proprietaria della “Pambola”, concludeva la bellissima giornata ed il sigillo finale avveniva col tradizionale ritmo della tarantella, ballata a coppia e con finale in gruppo. Inarrivabile digestivo.
Insomma ‘ncuminciammu mi ‘ndi scialamu.
Notizie storico – culturali
La parte iniziale del percorso, quella lungo il torrente Agrifa, nascondeva, nel senso che non era più visibile perché ormai quasi completamente coperto da vegetazione, un antico pozzo la cui acqua, sollevata col sistema della Senia, ed immessa in un acquedotto in pietra e mattoni, ancora visibile lungo le pareti rocciose, riforniva una fabbrica di pipe situata in località “Saltolavecchia” di Marina di San Lorenzo. Tale fabbrica, di eccezionali dimensioni, ha cessato la sua attività già da parecchi decenni e di essa rimangono i muri perimetrali in mattoni pieni e qualche altro manufatto all’interno di essa.
Riprendendo il discorso della Senia, si specifica che essa ha origine araba e tutt’ora, in parte, viene utilizzata nella zona della Conca d’Oro, vicino Palermo. Il sistema si sollevamento delle acque veniva effettuato dal movimento simultaneo di due pulegge, una a livello della falda acquifera (il pozzo) e l’altra posta poco sopra del livello del terreno. Le due pulegge erano collegate da una cinghia in cuoio o altro tipo di cordame artigianalmente preparato alla quale erano legate le c.d. “tazze” o secchielli che nella discesa si capovolgevano riempendosi di acqua per poi risalire e capovolgersi alla sommità esterna del pozzo in una condotta (canaletta o cunduttu), che serviva a riempire la ”Gebbia”. La gebbia era ed è una costruzione in pietra o mattoni di forma quadrata o rettangolare, capace di contenere grandi quantità di acqua (anche 100 metri cubi) al centro della quale si ergeva un pilastro detto “pipituni” che serviva a smorzare il moto ondoso all’interno della gebbia stessa. Dalla gebbia, poi, l’acqua veniva convogliata nei terreni per irrigare le numerose colture con un sistema preciso di misurazione della quantità di acqua erogata dalla gebbia la cui misura convenzionale era chiamata “zappa d’acqua” (da 50 a 60 metri cubi l’ora). La puleggia esterna della Senia, con un sistema a ruote dentate, anticamente in legno, era collegata con un’asse orizzontale al terreno sulla quale veniva posto un giogo dove venivano legati animali da tiro (cavalli, buoi, ecc.) che, muovendosi senza sosta in senso circolare, garantivano la fuori uscita continua del flusso d’acqua. Infine, dopo una serie di passaggi l’acqua arrivava, finalmente, ai campi lavorati dove veniva convogliata, tramite una serie di “cundutti” sempre più piccoli, all’interno delle “caseddhe”, irrigando così le piantagioni agricole ivi insistenti. Le “caseddhe” erano semplici cioè piatte oppure con solchi sinuosidali e il suo perimetro era costituito da un solco più grande capace di contenere e trattenere l’acqua.
Infine, lungo il percorso gli escursionisti hanno calpestato i sentieri del monte Tifia (già visitato lo scorso anno) nei cui dintorni si trovano reperti e siti archeologici di età antichissima e che sono stati oggetto di studio da parte di esperti archeologici che hanno provveduto alla loro catalogazione. La logica conseguenza del ritrovamento di tali reperti, a detta degli esperti, ci porta a considerare che in tali luoghi vi sia stato, diverse migliaia di anni fa, un insediamento urbano di considerevoli dimensioni oggetto, ancora, di ricerca e approfondimento da parte di esperti ed appassionati della materia.
T. Nicolò